HOME

GALLERIA

BIOGRAFIA

FOTO

CONTATTO


Testi critici. Raccolta a cura di Mauro Bartolini

Bibliografia 

Biografia

 

“…mi sento un eterno viaggiatore senza una meta specifica, mosso da una grande curiosità e da una grande volontà di conoscenza. La mia vita ha sempre di fronte un orizzonte che non corrisponde a un vero e proprio obiettivo perché si collega a qualcosa che va oltre. Io inseguirò sempre quell’oltre.”

 

(A. Possenti)

 

Veronica Carpita (2007)

 

Come quelli di alcuni personaggi che animano i suoi dipinti, gli occhi di Antonio Possenti sono uno aperto e l’altro chiuso. Il primo, spalancato e vivace, è pronto a osservare l’universo naturale ed il suo mondo umano, a catturare quei tratti che ne costituiscono l’essenza. Il secondo, malgrado l’apparenza, non riposa, non è assopito, non è inattivo. Anche il secondo occhio di Possenti scruta, scava, ricerca, non all’esterno ma nel luogo buio dell’intimità, nel ricettacolo nascosto dei sentimenti, nella profondità delle passioni. Le due visioni trovano nella pittura una sintesi perfetta, nella quale la figuratività si sposa con quella magica fantasia che fa di Possenti un incantatore alchimista, un funambolo prodigioso e leggiadro.

 

Maurizio Vanni (2006)

 

Possenti sembra volerci liberare da pregiudizi e preconcetti offrendoci una composizione che non ha vincoli alcuni: non tutto è ciò che sembra. Alcuni particolari potrebbero nascondere degli elementi fondamentali alla comprensione del dipinto che, comunque, è sempre legata al grado di percezione di ogni singolo spettatore. Talvolta si ha come l’impressione che ogni suo lavoro corrisponda a un tentativo di far slittare l’esistenza altrove, in altri luoghi e in altri tempi, quasi come a voler privare lo spettatore di elementi reali, condizionanti e contaminanti: “Le cose che faccio sono riferite all’esistenza dell’uomo al di fuori di un preciso momento storico, pur essendo consapevole di essere testimone del mio tempo”.

 

John Russel Taylor (2003)

 

Possenti è un artista autodidatta, ma che evidentemente si è istruito molto bene. Ha seguito studi classici e la sua pittura, dal punto di vista dei soggetti è il lavoro di un uomo estremamente colto e profondo, pieno di inconsueti riferimenti al mito e alla fiaba, al sogno e all’incubo, al cinema ed alla realtà. Probabilmente nessuno di questi elementi è in se particolarmente eccentrico o ricercato, ma la loro combinazione risulta molto personale e particolare. Quello che possenti evoca, con l’abilità di un mago da palcoscenico, è un intero mondo privato. Ovviamente deve essere il suo mondo, dato che lui a dipingerlo. Ma l’impressione generale che si ricava da questi strani dipinti è che essi rappresentino non già qualcosa che egli ha inventato, ma piuttosto qualcosa che gli è accaduto.

 

Massimo Bertozzi (2002)

 

Quale che sia dunque l'impulso a figurarsi uomini e cose, da qualunque contesto gli derivi cioè la suggestione di partenza, le storie dipinte da Antonio Possenti alla fine non assomigliano più che vagamente al modello originario, ma si impongono alla nostra attenzione come sorprendenti camuffamenti, o addirittura come totali stravolgimenti, di quello che credevamo conoscere o di quanto eravamo convinti di sapere. Lettore tanto eclettico quanto instancabile, Possenti ha così potuto dare corpo e figura a una galleria straordinaria di personaggi e situazioni, rivisitando, ma più spesso reinventando di sana pianta, vicende e personaggi emblematici, dalle favole di Esopo alle "fole" popolari, dalla letteratura classica a quella fantastica, di ogni epoca e di ogni continente, con particolare attenzione all’epopea de viaggi e delle scoperte, a Melville e Defoe e Conrad, fino alla immaginifica poesia di Rimbaud, all'assurdo mondo di Kafka, alla prosa raffinata di Calvino.

 

Gianmaria Nerli (2002)

 

Perché di fronte ad un dipinto di Antonio Possenti si viene immediatamente colti da una sottile sensazione di sorpresa e di smarrimento? Questo è il principale quesito che pone ogni suo quadro. Si sa, un artista prima ancora di dare forma a immagini e concetti, concepisce e inventa lo sguardo che fruirà la propria opera, il modello ermeneutico che ne permetterà la concreta visione e comprensione. Quello generato dall'arte di Possenti, si può dire, presuppone non un osservatore che diligentemente contempla, disamina, scompone il quadro, bensì uno spettatore che partecipa a un evento, che assiste allo svolgersi di un racconto. Sì, perché la sua è una pittura essenzialmente "teatrale", in cui si combinano il gusto per la messa in scena e la predilezione per un tono narrativo e talvolta fiabesco.

 

Duccio Trombadori (2002)

 

Inciprignito alla pari del mare, quando manda via i gabbiani, il soffio di una corrosiva ironia circola di traverso a parabole visive trapunte con abilità e circospezione da un maestro d'arte impegnato a tirar fuori lo stupore dalle cose viste ogni giorno. Se ne ricava uno strano sentimento di familiarità con immagini vagabonde che non tanto divertono, ma attirano l'attenzione e la rendono assorta come quando si ascolta la musica di una fiaba.  È il pregio narrativo di una pittura che ha molta cura di fissare l'occhio sulla realtà col gusto prezioso del travestimento, del gioco e del sogno, ed è capace di compiere il viaggio attorno ad una stanza popolata di muti ospiti, consueti e fin troppo conosciuti, acquistando il pregio avventuroso del mare, coi suo spettacolo sempre uguale a sé stesso e sempre misteriosamente mutevole.

 

Aldo Busi (2000)

 

Il tratto più immediato della sua personalità è la sobrietà, un sorriso contenuto, vivissimo, che si apre alla cordialità verso il mondo con però quel pacato avvertimento negli occhi proprio del gatto pronto a colpire o a sparire di scena, e in entrambi i casi facendo spallucce. Ha filtrato molta vita, tutta artistica, tutta altrui, è il risultato di una civilizzazione dell' aggressività messa ali' opera nel reticolo del patto sociale, è lui stesso una maschera compiutamente sociale e senza rimpianti per una innocenza. individuale e originaria perduta, mai avuta, fortunatamente impossibile o solo aleatoria in termini di organizzazione della convivenza civile. Non ha modestia né superbia, direi, e io, eventuale presentatore del catalogo della sua mostra, non sono un traguardo per lui ma una simpatica, osmotica presenza: se ci sono, bene, se no fa lo stesso.

 

Giorgio Soavi (2000)

 

Possenti fa volare se stesso perché il racconto che nasce dalle sue storie chiamate anche quadri colorati, sono di questo toscano russo che sta per conto suo: e se Possenti non si sposta da Lucca è perché non altrove che lì, in quella città magica che è Lucca, ha trovato il tono giusto, l'arte di creare i vestiti di scena per i suoi personaggi, ì letti, le coperte: non c'è un solo barlume nei suoi quadri narrativi che non sia illustrato, raccontato a piene mani, con le capigliature, i cappelli, i turbanti e l'aspetto che hanno, come carta d'identità, lo scrittore del quale ho parlato, e cioè Nikolaj Gogol che ha avuto l'estro di nascere nel 1909 per aprire il sentiero nel quale Possenti, qualche anno più tardi, si sarebbe incamminato. Credo che, nonostante la sua pittura narrativa sia, come forse ho già detto, piena di invenzioni, Possenti riesce a farci intendere tutto quello che vuole, niente è segreto, meno di niente è incomprensibile, perché quella cosa magica che è il suo senso della realtà , si sistema, come una metrica musicale, in modo del tutto sincrono alle storie che lui racconta.

 

Giovanni Faccenda (1999)

 

La sostanza qualitativa è evidente: Possenti sembra addirittura ampliare il contesto fecondo della sua narrazione, scarnificando all'osso quella che è la conseguente forma espressiva. La magica essenzialità che ne deriva ha in sé qualcosa di affascinante e curioso allo stesso tempo, quasi si trattasse di un intendimento operativo diverso rispetto a quello sinora avuto. In realtà, confrontando disegno e pittura di questo virtuoso dell' immagine, si scoprono analogie e differenze parimenti distribuite, quantunque la propensione al racconto fantastico continui a rimanere il lato saliente e comune all' interno di queste e quelle composizioni.

 

Riccardo Ferrucci (1999)

 

Nella pittura degli anni settanta fino ai lavori più recenti, si inseguono storie, sogni, miracoli, apparizioni, un teatro immaginario capace di inglobare al suo interno infiniti accordi, armonie segrete, colori ed emozioni diverse. In numerosi dipinti segni, colori, personaggi spazi oggetti moltiplicano, con assoluta naturalezza, echi e suggestioni, con la rara capacità di evocare un ordinato disordine, una logica illogica, una volontà di rappresentare, in uno spazio limitate, una variegata visione. Possenti è un pittore fuori dal tempo e dalle mode, intendendo che nei suoi lavori si respira un clima magico in bilico tra mito e storia, tra leggenda e invenzione. Le sorprese e gli incantesimi pittorici diventano il registro abituale di un sapiente narratore di storie, un racconto che procede per frammenti, per squarci, per improvvise illuminazioni.

(Magiche armonie e miracoli crudeli della pittura di Antonio Possenti, presentazione al catalogo della personale, Comune di Montevarchi 1999).

 

Vittorio Sgarbi (1998)

 

Possenti è un uomo e un pittore fuori dall'ordinario: dolcissimo, pieno di idee e impareggiabile inventore per sé e per gli altri. Possenti è delicato poeta di un surrealismo fin qui ignorato. Egli vive in un mondo incorrotto e inattingibile, in una dimensione "metafisica" quotidiana e affettuosa. Uno dei compiti dell'arte - in particolare di quella surrealista - è di rappresentare non ciò che è fuori, ma ciò che della realtà è sepolto dentro di noi. Possenti l'ha svelato. Nell'arte vi è un luogo per un fantasma, per un desiderio, per un attimo di felicità o di terrore, per una gioia, per un tormento. Ai mostri e agli incubi che ne derivano, ben prima del surrealismo, hanno provveduto Goya e Füssli. Altri ai desideri e alle gioie. In Possenti, invece, io vedo un Goya festoso, se non felice, con lo stesso tocco impalpabile e liquido, ma senza il dramma e le angosce, senza le ragioni di una storia così urgente e provveduto invece di una più tranquilla inclinazione alla favola, come un territorio sicuro, di fuga ma senza troppe illusioni. Non il sogno, in Possenti, ma l'invenzione del sogno: ciò che lo fa appartato e naturalmente nuovo rispetto ai maestri cui egli ha più guardato. Figlio ideale di Gauguin (ma anche di Matisse, Klee, Ensor, Ernst, della grande miniatura araba), Possenti è un coltissimo pittore dell'"Altrove".

(Altrove e altri orienti, presentazione al catalogo della personale, Galleria Il Milione, Milano 1998)

 

Luciano Caprile (1996)

 

L'homo l'udens è il soggetto preferito di Possenti perché gli consente di indagare uno sterminato territorio della fantasia in assoluta libertà di descrizione nascondendo citazioni vere e inventate (e qui traspare la straordinaria lezione di un Borges o di un Calvino) in angoli del quadro da essere scoperti con gioia, con stupore o con qualche apprensione, in un secondo tempo, nel corso di un'indagine suppletiva. Infatti le opere dell'artista lucchese si rivelano poco alla volta, mano a mano che la curiosità o l'interesse dell'acquirente riesce a superare le barriere della stupefazione e dell'incanto, oppure non appena si fa strada dall'interno dell'opera il "vero" motivo della scelta: una scheggia nostalgica di passato o una premonizione. È come aprire il cassetto di un mobile, in soffitta dimenticato da tempo.

(A che gioco giochiamo?, presentazione al catalogo della personale, Galleria Aminta, Siena 1996)

 

Marilena Pasquali (1995)

 

Tra tante storie, di uomini,di animali, di dei delle acque e dei boschi l'artista ha scelto quelle a lui più vicine e le ha reinventate secondo una sceneggiatura del tutto personale, concedendosi persino il lusso di aggiungere qualche nuovo episodio, frutto della sua immaginazione o, per dir meglio, del suo amore per il gioco, la contraffazione, lo stordimento. Il risultato di tanto sognare è piuttosto alto, così da caratterizzare l'insieme di grandi tavole oggi presentato come uno degli esiti più felici dell'arte di Possenti, per unitarietà e profondità dell'ispirazione, per impegno compositivo e qualità pittorica. Nella selva di immagini da lui create è possibile perdersi, girare in tondo, cadere nelle fauci del rospo che sonnecchia sottoterra; e l'unico ausilio per non smarrire la pista che si allontana nel folto d'ombra o nel troppo sole, viene dall'affidarsi ai segni che l'artista ci lascia lungo il cammino, a quegli indizi che sembrano voler rivelare qualcosa d'altro, a quei richiami che rimandano a cose nascoste nel fondo della mente e del cuore.

(Catalogo della personale “Possenti e le terre di Luna”, Palazzo Civico Sarzana 1995)

 

Giorgio Saviane (1994)

 

Su Antonio Possenti è stato detto di tutto, perché è tutto: un pittore che non suscita parole è come un mago che non fa miracoli, mentre è proprio questo seguire l'impossibile, la dote suprema di Possenti, che non si ferma davanti a nulla per inventare, e l'invenzione è sempre miracolo e un po' di pazzia. Qual è l'artista che non sia anche matto? Perfino Toulouse Lautrec lo era pur nell'esattezza del segno. A Possenti non piace ritrarre, pare che il segno gli esca dall'anima già composto a spiattellare l'ironia, la tragedia, la stupefazione, il ridicolo, l'estasi. Nei suoi mari in una stanza il mare è penetrato, ha sconvolto e se n'è andato lasciando però il suo sapore: il sentimento in Possenti urla o non c'è, quasi a sdegnarlo perché il colore non sia sentimento, ma comunicazione, arte, tono, chiamata, luce, qualche volta sogghigno, perfino tenerezza, sentimento mai.

(Apparire ed Essere, presentazione al catalogo della personale, Poggibonsi Arte 1994).

 

Pier Carlo Santini (1984)

 

La realtà in quanto trama o tessuto ordinario, considerata cioè nel suo esistere esterno ed oggettivo, non ha mai interessato Possenti, quanto meno quando di fronte ad essa si è posto con atteggiamento creativo. Al riguardo mi ha fatto più volte dichiarazioni precise, inequivocabili, discorrendo ad esempio dell'uso della fotografia quale punto di partenza o ausilio per l'immagine figurativa. La realtà è solitamente insignificante, amorfa banale, se considerata in superficie. Molto del suo fascino sta ben nascosto dietro la facciata oltre la quale bisogna scoprirlo. Le verità più segrete, gli aspetti più suggestivi, gli incanti più magici si colgono e si capiscono violandola, alterandone i connotati, deformandone la figura, rovesciandone le regole e l'ordine, sovvertendone i rapporti.

(Catalogo della personale, Azienda del Turismo, Marina di Massa 1984)

 

Everardo Dalla Noce (1984)

 

L'interpretazione è sempre specola motivata, indagine insistita che, presumendo abbraccia il lemma. Il lemma di Possenti, questa verità che non necessita di dimostrazione, è il concetto straordinario della vita. Che va scavata, combusta nell'ideale della correzione. L'affollamento quale gioco scivola per necessità sul simbolo che muove entro confini ferrei, ma non abbattibili. Basta che lo si voglia. Smontare dunque la realtà intassellata per Possenti è gradimento perché egli interviene su ciò che la natura non offre per cui necessario è appropriarsi dell'insolito.

(Catalogo della personale "Storie di Adamo", Galleria Minotauro, La Spezia 1984)

 

Marcello Venturoli (1979)

 

La favola della solitudine, della felicità della natura anche senza l'uomo oppure quella dell'uomo che, nel creato, è poco più di un moschino con barba e occhiali tondi, naso aquilino, una testa gufigna, sorta di emblema della sua identità; favola di prodigi, marini, familiari, silvestri, di universi di cose proliferanti, tra vegetali e animali tra giochi e ordigni, tra scatole, vasetti e gabbie, ciarpame che pare nascere non da un inventario di atelier sia pure mentito e trasformato, ma direttamente dalla sua immaginazione, cose che lui inventa fuori del pretesto, a indecifrare - metà volendo dare a chi guarda la misura di quello sfascio generoso e pullulante, metà imbrogliando coll'iperbole quantitativa degli oggetti lo spazio mentale del quadro - la favola favola dunque in re ipsa, senza bisogno di supporti letterari più precisati, di temi evidenti.

(Catalogo della personale "EsoPossenti", Galleria Ferretti, Viareggio 1979)

 

Paolo Levi (1977)

 

C'è artista italiano che incuriosisce, più di Antonio Possenti? "Pittore fantastico e aristocratico" lo definì un giorno Dino Buzzati. Le sue immagini enigmatiche, i suoi giochi imbroglio, i suoi gnomi piccolo borghesi fanno di quest'artista lucchese un interessante caso nell'attuale panorama della figurazione italiana. Possenti non illustra, racconta e ha eseguito queste "Rerum natura" con il mezzo più complesso e tradizionale: la tempera. I colori si declinano secondo una degradazione di toni, che recano in sé il presentimento di quelli successivi. In ogni racconto non ci trasmette scandali, ma malinconie corrette con l'ironia, miniature elaborate con sapienza, sonetti da godere nel chiuso della propria stanza. In questi episodi non è il soggetto a contare, ma la pura raffigurazione del brano naturale caratterizzato da un insieme di uomini, frutti e animali. Annotatore solitario, Possenti conferisce alle sue immagini parole equivalenti ad antichi proverbi.

(Catalogo della personale "De rerum natura", Galleria Minotauro, La Spezia 1977)

 

Piero Chiara (1974)

 

Non è certo difficile fare i nomi di maestri di ogni tempo davanti alle opere di Antonio Possenti. Tutti quelli possibili sono stati fatti, tranne forse quello dell'Arcimboldi, pur di alludere agli antefatti, di istituire un rapporto, di stabilire una consanguineità rivelatrice del mistero che si cela sempre dietro le invenzioni dei pittori della sua specie. Anche il nome di Giuseppe Viviani si potrebbe pronunciare tra gli altri - da Bosch a Ensor a Chagall - che fa comodo evocare per liberarsi del problema che pone il Possenti e quasi per esorcizzare le sue immagini, per collocarle dentro un modo di raccontare antico e nuovo ma in fondo conosciuto, per impaginarle, cioè per richiuderle in una formula e non lasciarle in giro, a turbare, i nostri sonni, a stravolgere i passi di una veglia che è sempre più dormiveglia, incantamento, fuga e vano tentativo di scampo a quel nulla o a quel tutto che è la vita.

(Catalogo della personale tenuta alla Galleria Della Piazza, Varese 1974)

 

Raffaele Carrieri (1970)

 

Non si tratta di andare avanti e indietro per rintracciare i nomi illustri che abbiano suggestionato Possenti; e i molteplici allettamenti subìti dall'infanzia alla maturità. Credo che le più vere fonti siano le tavole illustrate della storia naturale: botanica ornitologia, eccetera. Gli incisori giapponesi del settecento hanno dipinto meravigliosi bestiari che sono serviti ad un numero incalcolabile di illustratori di manuali francesi, inglesi e tedeschi. Certamente Possenti ha una conoscenza degli animali e delle piante - a parte insetti, erbe medicamentali, uccelli e pesci! - abbastanza scaltrita per alimentare la fauna dei suoi quadri, anche, in quelle parti che, sembrano più estemporanee e capricciose. La mobilità (lei suoi repertori preferiti è assecondata da una mano oltremodo vivace. E coi tempi che corrono anche uno che non dimostra la minima fretta nel concludere una leggenda ha il suo significato e non mi sembra poco. (da I capricci fiabeschi della pittura di Possenti, in "Epoca", Milano, 20 dicembre 1970)

 

Dino Buzzati (1970)

 

Le serre e i giardini d'inverno hanno una luce speciale; anche per questo nelle serre e parzialmente anche nei giardini d'inverno, quando non c'è il padrone, succedono cose molto strane, molto strani personaggi compaiono (come gnometti, elfini e silfi). Bene. Antonio Possenti ha trasferito questi "happenings" dal chiuso all'aperto, mobilitando una fauna eteroclita di uccelli e pesci mai visti, oltre a spiridioni, gesirchi, lipidarisi ed altri mostricini. Gli uccelli specialmente, si introducono dovunque, perfino nella camera da letto, spalancando col becco la finestra benché fuori ci sia la neve e un freddo cane, e appollaiandosi sulla testa del pittore sbalordito. Nella scheda del catalogo sono citati i nomi di Kafka, Brueghel, Bosch, i Nabis, Chagall. Se ha attinto da costoro Possenti lo ha fatto con molta discrezione, in modo che non ci se ne accorge. Questi racconti e raccontini stregati sono nuovi, per nulla fastidiosi nonostante la bizzarria delle situazioni, grazie alla pittura preziosa e sottile, fluida, trasparente, vegetale (ecco l'aria delle serre); grazie anche a un sentimento di favola buona che esclude perfidie e crudeltà. Da tempo non si incontrava un pittore fantastico così originale e aristocratico.

(Corriere della Sera, Milano, 6 dicembre 1970).

 

Alfonso Gatto (1970)

 

Sembra che Possenti si rifaccia dal suo stesso nichilismo larvale e guizzante, da velature di agghiaccianti chiffons salvati dalle mitiche spazzature che arano la terra, nel cercare e nel dare senso a qualcosa, ai feticci della credulità, ai relitti delle paure e degli incanti. Le sue ambizioni sono molte, tali che i mezzi e la stessa chiarezza del volere o del subire non gli bastano. Ma ne esula una protesta, insieme reazionaria e insorgente qual è d'ogni protesta oggi, che si ispira ad alte eredità di vittimismo e di sconfitta contro le facili vittorie plaudenti, contro i poteri e le persecuzioni dell'Ottimismo, di cui il nostro tempo vive, decorandosi cori le proprie offese. Possenti ci avverte che le molle del poter-ridere-di noi, per riavere lo scatto, hanno da consumare almeno tutta la propria ruggine, questo calore indelebile e volgare, avvinazzato del sangue. Ugualmente incancellabile, la gessosa fissità delle larve che dai Nabis a Bacon s'intonacano col rosa-violetto delle ciprie dirute dai muri. Direi in conclusione che Possenti, per identificarsi con tutto il pittore che può essere (e forse per altro ancora che sia nel "meno" del suo "più") deve portare gli ultimi giochi nei piccoli cimiteri sconsacrati dai cantieri, incidere i segni sulle porte delle carceri, in attesa che cantino i fiumi e che il cielo torni ad avere nome, senso e, speranza da questa terra. Ora come ora, siamo tutti, noi e lui, tra i denti degli scheletri: i nostri devoti lumini accesi davanti la "nero" di Goya.

(Catalogo della personale tenuta alla Galleria Santacroce, Firenze 1970)

 

Fortunato Bellonzi (1970)

 

Lento nella esecuzione ed estremamente meditativo e raffinato, e mobile nella variazione eccezionalmente ricca delle tinte, non di rado ripassate dal percorso liquido, sinuoso, di un colore tenue che sulla densa preparazione sottostante distende un velo ricamato; attento ai valori di chiusura e di scrittura della linea, che ora si scopre lasciata e ora inaspettatamente ripresa con minuti graffi corsivi di significato misterioso, quasi ideogrammi; pittore intenerito ogni volta che l'animo gli si effonde nelle viste della campagna, dei giardini e dei fiori costipati e compositi come un tempo erano certi pazienti tempietti-reliquiari di carta costruiti dalle monache di clausura, ma improvvisamente strappato alle parentesi dell'idillio dagli avvenimenti interni che gli ripropongono l'allarme di minacce eluse invano; caratterizzante spietato nei ritratti, Possenti ha una incredibile capacità di narratore per immagini. I suoi quadri non si finirebbe di scrutarli, ché sempre ci rivelano cose nuove e nuove flessioni del sentimento organizzate da una impaginazione di grande efficacia suggestiva, sostenuta da un mestiere di rara sapienza.

(Catalogo della personale tenuta alla Galleria La Barcaccia, Roma 1970).

 

Pier Carlo Santini (1967)

 

La pittura di Possenti svolge brevi cicli tematici in chiavi compositive e tonali diverse come a saggiare, sperimentare, verificare successivamente su una base fissa le infinite eventualità della forma. Nella indubbia effervescenza e ricchezza dei partiti e degli elementi figurativi, nella vivace estrosità di una fantasia che non sembra appagarsi se non quando abbia dissolto ogni momento di staticità nella scena, i quadri di Possenti denotano l’aspirazione a trovare per via di successive approssimazioni e confronti, sia tra opere diverse che all’interno della stessa opera – e cioè di uno stesso percorso creativo – la risoluzione più unitaria e compiuta.

Tale metodologia (se così possiamo chiamarla) è assai significativa in ragione della estrema analiticità di una pittura in cui le impostazioni di base non hanno minore delle definizioni di dettaglio. E’ una pittura, infatti, che non si definisce e non si qualifica se non quando tutta la superficie del supporto abbia avuto l’ultimo sigillo da quella pennellata leggera, sensitiva e imprevedibile che è tipica di Possenti. 

(Catalogo della personale tenuta alla Galleria La Piramide, Lucca 1967).

 


HOME

GALLERIA

BIOGRAFIA

FOTO

CONTATTO